FPM DRAM
DRAM in modalità fast page (Fast Page Mode DRAM)

La DRAM di tipo fastpage (anche detta FPM, Fast Page Mode) è stato il primo sistema adottato dai fabbricanti di personal computer per ridurre il tempo di accesso complessivo ai dati contenuti nella RAM. Il principio su cui si basa è quello di consentire l'accesso a diversi bit che si trovano tutti sulla stessa riga di memoria, fornendoli uno dopo l'altro senza pause. Gli accessi in lettura della memoria FPM iniziano con l'attivazione di una riga nella matrice della DRAM e continuano con l'attivazione della prima colonna di una locazione di memoria che contiene i dati desiderati. Ogni pezzo d'informazione deve essere validato prima di essere trasferito al sistema. Una volta che il pezzo corretto d'informazione è stato trovato, la colonna si disattiva e viene attivata quella immediatamente successiva in previsione del fatto che il dato richiesto si trovi nella locazione di memoria adiacente a quella appena consultata. Nel momento in cui la colonna viene disattivata si verifica uno stato di attesa visto che la CPU deve attendere che la memoria completi il ciclo. Il buffer dei dati in uscita viene spento e rimane in tale condizione fino a quando ha inizio il ciclo successivo oppure fino a quando viene richiesto il prossimo pezzo d'informazione. Questo meccanismo funziona ragionevolmente bene solo con letture sequenziali della memoria in una data riga ed è stato per anni la base di funzionamento di tutti i PC in circolazione, anche se adesso comincia a sentire i segni dell'età.Idealmente, la lettura da una memoria FPM da 50 nanosecondi può richiedere un ciclo burst di 6-3-3-3 (6 cicli di clock per il primo elemento dei dati, seguito da 3 cicli di clock ognuno per i tre elementi successivi). La prima fase include l'overhead (tempo perso in cicli di gestione interni) generato dall'attivazione della riga e della colonna. Una volta attivata, la memoria può trasferire i dati alla velocità di tre cicli di clock per elemento.

Glossario dei termini dell'informatica a cura di Roberto Mazzoni
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